Manuali
Diritto privato
La rescissione e la risoluzione del contratto
La risoluzione di diritto
La risoluzione del contratto può intervenire non soltanto per effetto di una sentenza del giudice (“ope iudicis”), ma anche di diritto (“ipso iure”), in tre casi espressamente regolati dal codice.
Clausola risolutiva espressa (art. 1456 Codice civile)
Questa clausola, se prevista nel contratto, dispone che il contratto si intenda automaticamente risolto nel caso in cui una determinata obbligazione non venga adempiuta o non venga eseguita rispettando le modalità pattuite. Tale clausola richiede che la parte non inadempiente comunichi all’altra l’intendimento di volersene avvalere, risolvendo il contratto. Una volta pervenuta alla parte inadempiente, la comunicazione produce gli stessi effetti di una domanda giudiziale. Da tale momento l’offerta di adempimento tardivo può essere legittimamente rifiutata dal contraente che ha scelto la risoluzione.
La clausola deve prevedere espressamente nel contratto la causa che ne determina la risoluzione, avendo determinato le parti a valutare quali circostanze siano sufficientemente gravi da comportare la risoluzione, senza necessità dell’intervento del giudice.
Laddove sorga comunque controversia tra le parti tale da richiedere l’intervento del giudice circa la sussistenza o meno della clausola, la sentenza sarà dichiarativa e non costitutiva.
Diffida ad adempiere (art. 1454 Codice civile)
Se nel contratto manca la clausola risolutiva espressa, la parte non inadempiente può ottenere egualmente che la risoluzione operi di diritto mediante la diffida ad adempiere, ossia mediante una dichiarazione scritta con la quale si intima l’adempimento entro un termine congruo..
In tal caso, se il contratto non viene adempiuto nel termine indicato, il legislatore realizza automaticamente l’effetto minacciato della risoluzione “ipso iure”.
Anche in tal caso, qualsiasi contestazione sarà decisa con una sentenza dichiarativa, ovvero se sussistevano i presupposti per considerare risolto il contratto.
Termine essenziale (art. 1457 Codice civile)
Il termine per l’adempimento di una prestazione si dice essenziale quanto una prestazione diventa inutile per il creditore se non venga eseguita entro il termine stabilito.
Infatti vi sono casi in cui una prestazione eseguita in un momento diverso da quello stabilito è prova di utilità per chi la riceve.
L’essenzialità del termine è oggettiva se deriva dalla natura stessa della prestazione (il sarto che deve consegnare l’abito prima del giorno del matrimonio), o soggettiva se risulta dalle pattuizioni espresse dalle parti. In questo caso, se l’inadempimento riguarda prestazioni corrispettive, la risoluzione opera senza bisogno di comunicazione, a meno che la parte adempimento non comunichi di accettare l’adempimento tardivo entro tre giorni dalla scadenza del termine rimasto inosservato.
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