Manuali
IL PRESUPPOSTO SOGGETTIVO PER LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
1. Chi è assoggettabile al fallimento
L’articolo 1 L.F. dispone che “Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale”.
La parola fallimento deriva dal latino “fallere” che significa ingannare, tradire, imbrogliare. Al fallimento si risponde con una sanzione: prima sul patrimonio e sulla persona, originariamente anche a livello fisico, e poi a livello civile e sociale (iscrizione del nome nell’albo dei falliti, interdizione da cariche e uffici, privazione dei diritti politici), infine con un disonore che mira non solo a cessare l’attività economica, ma anche a rendere difficile iniziarne un’altra.
L’Ordinamento ha da sempre riservato le norme sul fallimento ad una specifica categoria, quella dei mercanti poi commercianti poi imprenditori, escludendo tutte le altre, perché queste ultime non avrebbero creato le medesime turbative sul mercato rispetto alla prima, o perché non facevano ricorso al credito o offrivano servizi di natura intellettuale.
Così inizialmente le regole furono dettate da e per i mercanti e solo con il Codice di commercio francese del 1807 e i codici di commercio italiani del 1865 e del 1882 per gli imprenditori commerciali.
Ancora oggi resiste tale impostazione. Così non sono soggetti al fallimento ad esempio gli imprenditori agricoli e i professionisti intellettuali. Così come non è fallibile a norma dell’art. 1 L.F. l’ente pubblico.
Poi persino alcuni imprenditori commerciali furono esclusi dal fallimento quando la dimensione dell’impresa non raggiungeva o superava determinati limiti.
Così i creditori di questi soggetti, da un lato potevano solo usufruire degli strumenti concorsuali previsti dalla legge fallimentare e dall’altro utilizzare esclusivamente le procedure esecutive previste dal codice di procedura civile.
La Corte costituzionale, con la sentenza 16 giugno 1970 n. 94, per sostenere la coerenza di tale impostazione con la nostra carta fondamentale, ha concentrato l’attenzione sul diverso impatto che l’insolvenza dell’imprenditore commerciale provoca sulla collettività rispetto a chi non è imprenditore (c.d. debitore civile).
Sulla scorta di questo riconoscimento, il nostro legislatore, con diverse riforme, ha sempre più favorito la risoluzione delle insolvenze attraverso istituti giuridici che prevedessero accordi tra debitore e creditore, sino anche alla possibilità di ricominciare da zero (c.d. fresh start) grazie alla esdebitazione.
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