Manuali

Diritto privato

I contratti di scambio che realizzano un do ut facias


L’appalto

L’appalto è il contratto con il quale un committente affida ad un appaltatore o il compimento di un’opera (ad esempio la costruzione di un edificio) o lo svolgimento di un servizio (ad esempio la pulizia di uno stabilimento) verso un corrispettivo in denaro (art. 1655 del Codice civile).

Gli appalti possono essere privati o pubblici.

Gli appalti pubblici ricorrono ogni qual volta l’aggiudicazione di una gara dipenda da un organismo di diritto pubblico, a prescindere dalla circostanza che il committente sia un ente pubblico.

Questa forma contrattuale ha ricevuto le influenze dell’Unione Europea che si è preoccupata di fare in modo che tutte le imprese comunitarie siano poste in grado di conoscere quante e quali procedure di bando e di aggiudicazione le amministrazioni pubbliche abbiano intenzione di bandire.

La disciplina è stata riordinata dal Decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163.

Nell’ambito del diritto privato, la stipulazione del contratto è lasciata alla libera negoziazione delle parti.

La caratteristica dell’appalto è il rischio in carico all’appaltatore, il quale deve provvedere ad organizzare tutti i mezzi necessari per l’esecuzione del contratto (art. 1655 del Codice civile).

L’appaltatore non può che essere un imprenditore: ciò vale a distinguere l’appalto dal contratto di lavoro autonomo di cui all’art. 2222 del Codice civile, nel quale l’opera o il servizio possono essere compiuti con lavoro prevalentemente proprio senza bisogno di disporre di appositi complessi produttivi. L’appaltatore infatti deve impiegare capitali ed organizzare i fattori della produzione assumendo un rischio ben maggiore.

L’appalto si distingue dalla vendita in quanto ha ad oggetto un “facere” e non un “dare”. La distinzione talvolta può essere delicata, specie quando trattasi di vendita di cosa futura, che si verifica quando un soggetto si impegna a realizzare un oggetto in conformità ad un tipo o modello di propria fabbricazione; si ha appalto quanto il prodotto è un “quid novi” rispetto alla normale serie produttiva.

L’oggetto dell’appalto deve essere determinato o determinabile. Normalmente il committente fornisce un progetto che deve essere sufficientemente dettagliato per consentirne la realizzazione. Peraltro l’appaltatore ha diritto di pretendere variazioni al progetto laddove siano necessarie alla realizzazione a regola d’arte (art. 1660 del Codice civile).

Il corrispettivo può essere stabilito a “forfait”, per tutta l’opera nel suo complesso, oppure a misura. Se le parti non hanno fissato il corrispettivo né hanno determinato i criteri per calcolarlo, il compenso va stabilito con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto, deve essere determinato dal giudice (art. 1657 del Codice civile).

Tuttavia, se per fatti imprevedibili ed indipendenti dalle parti, i prezzi dei materiali hanno subito delle variazioni superiori a un decimo del prezzo complessivo convenuto, le parti hanno diritto ad una revisione del prezzo nella misura che eccede il decimo (art. 1664, comma 1, del Codice civile). Normalmente, infatti, vengono inserite nel contratto clausole di revisione del prezzo.

L’appaltatore ha, altresì, diritto ad un equo compenso nel caso in cui nel corso dell’esecuzione dell’opera si manifestino difficoltà derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, tali da rendere notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore (art. 1664, comma 2, del Codice civile).

Il committente ha diritto di controllare l’esecuzione dei lavori per verificare che procedano secondo quanto pattuito e alla conclusione dei lavori ha altresì il diritto di verificarne l’esecuzione prima dell’effettiva consegna (art. 1665, comma 2, del Codice civile). La verifica, nella prassi, si chiama “collaudo” (“cum laude”). Se il committente non procede alla verifica senza giusti motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine, l’opera si considera accettata.

L’appaltatore è tenuto a garantire il committente per eventuali difformità o vizi dell’opera. La garanzia non è operante se il committente ha accettato l’opera e i vizi erano da lui conosciuti o conoscibili (art. 1667, comma 1, del Codice civile). Se il committente non ha accettato l’opera o se i vizi erano occulti, il committente ha l’onere di denunciare difformità o vizi entro 60 giorni dalla scoperta (art. 1667, comma 2, del Codice civile).

Il committente ha diritto di pretendere che l’appaltatore elimini a sue spese le difformità o i vizi, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito (art. 1668, comma 1, del Codice civile).

Se però le difformità o i vizi sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (art. 1668, comma 2, del Codice civile).

L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna (art. 1667, comma 3, del Codice civile). L’eccezione, invece, è imprescrittibile e perciò potrà essere sempre opposta contro l’appaltatore che domandi il pagamento del corrispettivo, purché i vizi siano stati tempestivamente denunciati.

Se l’appalto ha riguardato edifici o altre cose immobili destinate a lunga durata, la responsabilità dell’appaltatore ha la durata di dieci anni, qualora l’opera vada in rovina o per vizi del suolo o per difetti della costruzione, ovvero presenti pericoli di rovina o altri gravi difetti, purché sia fatta denuncia entro un anno dalla scoperta (art. 1669, comma 1, del Codice civile).

Molto frequente è il caso del subappalto, sebbene esso richieda l’autorizzazione del committente (art. 1656 del Codice civile). Nel subappalto, l’appaltatore diventa a sua volta committente e al subappaltatore si applicano le norme dell’appalto.

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